Criticità cimitero di Fasano

Era il 15 novembre del 2011 quando, finalmente, si sbloccò la storia infinita dell’ampliamento del cimitero di Fasano. I lavori furono avviati, i lotti per costruire furono concessi a chi ne aveva fatto richiesta e ad oggi, gran parte di quei lotti sono diventati ormai tombe e cappelle edificate e… “abitate”. Al contrario, il resto dell’area è rimasto allo stato di cantiere e andare a far visita a un proprio caro risulta essere un’impresa; non parliamone poi quando piove.  Si cammina in viali sconnessi e polverosi o si devono guadare pozzanghere che in alcuni punti sono dei veri laghetti. Nei giorni di pioggia ci sono persone che non possono accedere alla propria tomba perché all’ingresso si formano enormi pozzanghere, e altre che si preoccupano, a giusta ragione, che l’acqua delle pozzanghere possa infiltrarsi e danneggiare i muri delle cappelle.

Acqua e fogna sono inesistenti e per mettere l’acqua a vasi di fiori e piante bisogna trasportarla dalle fontane del vecchio cimitero. Immaginate un anziano trasportare pesanti taniche di acqua.
Del nuovo ingresso con parcheggio previsto in via Fascianello, neanche l’ombra. Tuttora resta un ingresso, delimitato con rete da cantiere, solo per gli addetti ai lavori, con la conseguenza che chi deve recarsi nella parte nuova deve lasciare l’auto al parcheggio esistente e farsi una bella passeggiata a piedi. Cosa che non tutti possono permettersi; e, anche qui, penso a tanti anziani o a persone non proprio in salute.

Tornando a quel 15 novembre del 2011, durante la cerimonia di posa della prima pietra, la Dirigente Rosa Belfiore esordì con un pensiero di grande sensibilità: “Il traguardo raggiunto è dedicato ai genitori dei tanti ragazzi scomparsi prematuramente a Fasano e che costantemente venivano in ufficio per sapere quando avrebbero potuto donare ai propri congiunti una sepoltura più degna. Il mio pensiero, oggi, va a loro”.

Bene, oggi quei genitori devono indossare scarpe da lavoro o stivali da pioggia per andare a trovare i propri figli in un cantiere, senza acqua, senza ingresso, senza parcheggio e con viali senza pavimentazione. Dunque, le parole sensibili della d.ssa Belfiore restano solo parole.

Ma, nuova area a parte, neppure il vecchio cimitero se la passa meglio. Oltre ai problemi di pulizia e decoro più volte segnalati nel corso degli anni, uno per tutti: lo “spettacolo” tristissimo e macabro delle esumazioni che vengono fatte alla vista dei passanti. Così accade che mentre fai il tuo pellegrinaggio, ti ritrovi a vedere scene raccapriccianti che non tutti possono sopportare. Immaginate un bambino che si ritrova ad assistervi involontariamente. Personalmente, poiché mi reco al cimitero ogni giorno,  mi è capitato anche di vedere resti umani, quali  teschi e ossa messi per terra in cassette di legno, ad asciugare dopo il lavaggio, prima di essere pietosamente riposti nei cassettini tesi allo scopo. E qualcuno racconta di aver trovato frammenti di ossa per terra mentre si recava a visitare il proprio caro…

Altra criticità, o più esattamente, altra vergogna, sono i bagni chimici. Che già avere bagni chimici in un cimitero, è a dir poco imbarazzante, ma averli piazzati proprio nel parcheggio, di fianco all’ingresso, è davvero disgustoso. Specie se proprio il due novembre, mentre ti appresti a entrare in quel logo sacro, la vista viene violentata dalla visione di quelle cabine di plastica azzurre e l’olfatto colpito da una zaffata maleodorante; o se in un giorno di dicembre, i camion spurgo effettuano la pulizia dei suddetti bagni e bisogna varcare la soglia di quel luogo con maschera antigas per non respirare il terribile odore che satura l’intera area.

Ora, quei genitori che ai propri figli non possono dare più nulla, se non una sepoltura davvero degna, chiedono risposte in merito. Non è possibile che si siano dati tanto da fare per chiedere il terreno in concessione, che si siano magari sacrificati, anche economicamente, per costruire entro i termini previsti dal contratto e traslato le spoglie dei loro cari, per scoprire che li hanno portati in un cantiere e senza capire tra quanto tempo la situazione cambierà. Certamente non è giusto che debbano aspettare anni per vedere terminata la parte pubblica dei lavori, o che si finisca di costruire sui tanti lotti concessi molti anni fa, i cui concessionari non hanno rispettato l’impegno preso alla stipula del contratto con il comune, lasciandoli diventare piccole discariche. Sarebbe forse il caso di fare dei controlli seri su tutti quei lotti concessi su cui non si è mai edificato.

Per tutti questi motivi, diverse persone, indignate e desiderose di ricevere risposte  hanno chiesto di firmare questa lettera aperta di Katia Schiavone, prima firmataria nella veste di presidente dell’associazione Flavio Arconzo, di concessionaria di un lotto cimiteriale, ma soprattutto nella veste di madre che esige rispetto alla memoria del proprio figlio, i cui resti mortali saranno a breve portati nel “cantiere”. Rispetto, alla memoria di un ragazzo la cui morte, non dimentichiamolo, grava anche sulle coscienze di amministratori e gestori scellerati.